NFT: Vantaggio o fregatura?

Spendere soldi velocemente? Adesso è ancora più facile!

Se non avete mai provato l’ebrezza di andare in rosso sul conto in banca, non avere più soldi sulla Postepay o di dover chiedere più volte alla settimana la paghetta ai vostri genitori, finalmente è arrivata la risposta alle vostre preghiere!

Stiamo parlando dell’ NFT, un’innovativo sistema di commercio “multiverso” in cui è possibile fare acquisti con soldi veri di un bene digitale all’interno di un videogame. Esso sarà per sempre vostro, almeno fin quando non deciderete di rivenderlo. Nessuno potrà rubarlo o contraffarlo in quanto l’acquisto, effettuato in criptovaluta, garantisce la protezione da eventuali griefer o hacker.

Sembrerebbe una cosa interessante e una naturale evoluzione del mercato online, dato che da anni esistono videogiochi che sfruttano le micro transazioni offrendo al pubblico contenuti digitali, come le onnipresenti DLC.

E’ necessario però fare una netta distinzione fra queste categorie:
Nonostante le DLC offrano un contenuto digitale in cambio di soldi reali, l’acquisto spesso ha che fare con l’ampliamento dell’avventura tramite nuove missioni, sfide, nemici ed equipaggiamento. Oppure possono riguardare esclusivamente skin per il nostro personaggio. Insomma, al contrario delle NFT, le DLC in genere mirano a offrire un contenuto non presente nel gioco base o, al contrario, l’accesso istantaneo dopo l’acquisto senza riavviare il gioco.

Le micro transazioni invece possono essere parte integrante di una DLC, oppure stand alone. Con la spesa di pochi euro (anche se i prezzi possono arrivare persino oltre i 100€), si può ottenere l’accesso a oggetti per lo più cosmetici, o l’accesso ad equipaggiamento spesso molto più potente di quello offerto dal gioco base. Questo sistema di mercato è spesso al centro di molte controversie poiché causano un notevole sbilanciamento del gioco rendendo onnipotenti i giocatori in base all’importo speso, mentre gli altri sono costretti a utilizzare equipaggiamento all’interno del titolo che non si avvicina lontanamente a quello ottenuto con l’acquisto. Moltissimi sviluppatori infatti realizzano i loro prodotti seguendo la filosofia del Pay-to-win.

Uno degli esempi più calzanti al momento di titoli che fanno uso di NFT, è il recente Star Atlas. Esso mira a creare una sorta di mercato virtuale in cui le persone, dall’altra parte dello schermo, possono investire denaro reale nell’acquisto di navi con cui poter viaggiare per la galassia.

Star Altas, realizzato in Unreal Engine, è un MMO che si basa principalmente sull’esplorazione. I giocatori che nascono in un luogo remoto della galassia, devono subito mettersi in cerca di risorse scandagliando sia i pianeti, che altri corpi celesti. Tali risorse possono essere raffinate, utilizzate o vendute. Fino a qui niente di nuovo. Le prime fasi di gioco ci permetteranno di capire lo scopo del gioco nelle fasi avanzate, che si riduce ad uno soltanto: Fare sempre più soldi.
Abbiamo quindi il nostro primo campanello di allarme trovandoci per le mani un gioco che fa della reale avidità umana, fulcro di tutto il gameplay affiancando meccaniche di gioco all’acquisto di NFT. In questi casi, il giocatore tende erroneamente a considerarsi l’unico a guadagnarci qualcosa con gli scambi, mentre la realtà è che si troverà in mezzo ad una giungla di altri utenti, tutti col medesimo obbiettivo. Perchè il giocatore possa essere economicamente competitivo, dovrà compiere acquisti tramite NFT e poter creare il proprio bazar interstellare. Tuttavia, dato che spesso le leggi di mercato variano in modo imprevedibile, l’utente potrebbe ritrovarsi a spendere denaro reale per rivaleggiare in un ambiente virtuale, senza raggiungere l’obbiettivo sperato. In tal caso, un secondo acquisto effettuato con soldi veri, potrebbe compensare le mancanze della prima spesa.

Ovviamente sarà possibile ottenere del denaro in-game tramite missioni dedicate, in base alla classe scelta a inizio gioco quali CEO, Cacciatore di taglie, Manager, Meccanico, Raffinatore, Soccoritore, Trader. Tali missioni permetteranno al giocatore di far fronte alle tasse, spese di spedizione, carburante, armi, equipaggiamento e così via. E nel caso il nome utente che viene inserito a inizio viaggio sia già stato preso da un altro utente, il giocatore potrà partecipare a un’asta dedicata nel tentativo di aggiudicarselo piuttosto che provare direttamente con un username diverso e risparmiare tempo e denaro.

Sul fronte strategico, il titolo strizza l’occhio al genere gestionale, potendo creare intere città con micro economie controllate da organizzazione decentralizzate. Questo permette di avere l’intero controllo sulle risorse accumulate e poterle vendere su mercati NFT secondari, o su quello interno, avendo subito a disposizione un lotto di materiali piuttosto che passare le ore a produrre risorse da sfruttare come in qualsiasi altro strategico-gestionale. Di fatto, gli strategici-gestionali che non fanno uso degli NFT, impongono che il giocatore calcoli dove spendere le risorse per non restare a secco, magari con strutture incomplete o non potenziate durante una crisi. L’NFT toglie questo impiccio al giocatore offrendo svariati item acquistabili nei mercati e, qualora i materiali non fossero stati sufficienti per ciò per cui erano destinati, l’acquisto di un secondo NFT (o di un terzo) potrebbe aiutare.

Come detto, esistono due valute in game. La prima sono Satlas – la valuta in game ottenibile vendendo oggetti nel mercato di gioco o i propri asset. Quasi tutto in Star Atlas come armi, astronavi, piattaforme minerarie, terreni ecc, è un NFT accessibile dal giocatore.
Spolis invece è una valuta utilizzabile al livello politico, intrighi, potere e contro dell’egemonia su una fetta di spazio. Chiunque abbia Spolis può prendere decisioni sul prodotto o avere voce in capitolo sulle decisioni degli sviluppatori.
Mike Vagner, CEO di Star Atlas, ha spiegato che tramite la distribuzione di Spolis, si riduce la quota di maggioranza appartenente ai creatori rendendo possibile l’implementazione di modifiche evolutive avanzate dagli utenti e non dai giocatori. Chiunque voglia abbandonare il metaverso, può rivendere i propri NFT, ma non c’è nessuna garanzia che possa recuperare l’importo speso in precedenza.
Gli investitori e i giocatori hanno attualmente acquistato astronavi NFT per un totale di quasi 21 milioni di dollari.

Per poter iniziare a giocare e avventurarsi in questo capitalismo estremo, e lievemente tossico, è richiesta una spesa inziale: l’acquisto di un’astronave che può andare dai 20$ a 9.000$. (Probabilmente le persone che effettuano acquisti del genere, vivono in un mondo senza tasse e posti di lavoro sempre disponibili). Se tutto questo non fosse sufficiente, nel marketplace il giocatore potrà essere investito dalla quantità di oggetti come navi, carburante, case, cibo, strutture e molto altro, acquistabili rigorosamente via NFT.

Trattandosi di un sistema di commercio relativamente nuovo nel campo del gaming, c’è solo da sperare che non diventi un covo di squali pronti a sbranare i portafogli altrui e che l’acquisto di beni digitali tramite NFT, non comporti uno sbilanciamento all’interno del gioco in termini di potenza di fuoco, ma che invece si limiti ad essere una componente estetica. Di fatto l’NFT come fonte di guadagno primaria nel campo dei gaming, potrebbe alterare la percezione degli sviluppatori preferendo una scorciatoia ad un facile guadagno, piuttosto che offrire l’intrattenimento che il pubblico si aspetta. Se a questo aggiungiamo il fatto che ogni cosa si può acquistare esclusivamente con soldi veri e che per iniziare si debba pagare subito una cifra che permette l’accesso ad un gioco intero in sconto con DLC incluse, è plausibile che ciò spinga chi cerca un videogioco a cercare videogiochi.

Purtroppo è ancora presto per identificare la presenza degli NFT in game come permanente o passeggera. Se la storia ci ha insegnato una cosa, all’essere umano piace perdersi nel labirinto della propria mente giustificando cose come il cancro causato dalle sigarette, la rovina causata dalle slot machine o l’acquisto di un’astronave digitale da 9.000 dollari.

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